Atti di depravata disperazione

Ogni atto di volontà: musica, teatro, arte, poesia, non è che un grido di disperazione verso l'esterno. Il fuori da sé, dalla propria percezione soggettiva. Un grido verso colui che, condividendolo, non fa che consolare il tuo insostenibile peso esistenziale. Possiamo quindi sublimare questa tragedia del vivere non come atto egocentrico, ma come messa in scena del nostro stesso dramma.

Su di un palco, attraverso una canzone, un verso, un balletto, non chiedo altro che il pubblico, a cui mi rivolgo, succhi parte di questo veleno che è la mia ''volontà'' di esistere. Condizione dalla quale non posso separarmi se non con la morte.

Quindi, in accordo con lo spirito del tempo, ben venga non l'ascesi, la non-volontà, la trascendenza, l'estasi di Santa Cecilia, bensì maggiore veleno, più realtà illusoria, maya, sublime disperazione manifesta.